Sai Baba

 

di Cecilia Gatto Trocchi

Articolo inserito con il permesso dell'autore

Data: 24 aprile 2003

 

Il movimento Sai Baba è legato alla figura del fondatore, nato nel 1926 in India presso Bangalore, da una famiglia benestante. Dopo un’adolescenza con problemi psichici, e varie crisi nervose, egli affermò di essere  l’incarnazione di Sai Baba di Shirdi, un santo molto venerato in India, che operò un sincretismo tra induismo e alcuni aspetti dell’Islam.  Egli usava le ceneri dell’incenso (chiamate vibhuti) come sostanza sacramentale. Il nuovo  Sai Baba, nel 1963 dopo un’altra crisi di “possessione” affermò di essere il dio  Shiva.

Iniziò a compiere una serie di “miracoli”, raccogliendo uno stuolo sempre più numeroso di seguaci. Oggi in India ha circa 30 milioni di fedeli, e ha creato il più grande centro religioso e assistenziale dell’India moderna, con ospedali, scuole, orfanotrofi e università. Nel resto del mondo  i seguaci sono circa 2 milioni, assai disposti a ricche donazioni.

Il messaggio religioso è incentrato su Sai Baba  stesso che afferma “Io sono Dio, io  sono la verità e vi guido verso la verità”. I miracoli che esibisce ai suoi devoti sono il punto più forte del Darshan, apparizione, udienza pubblica (non dimentichiamo che Sai Baba vuol dire letteralmente “Santo Padre”) nella città di Puttaparti dove accorrono migliaia di persone. Egli materializza gioielli, orologi e usa la vibhuti come il suo predecessore di Shirdi, affermando però di materializzare la  magica cenere dal nulla.

Egli dice di essere l’avatar plenario  di Dio, superiore a Cristo nella pienezza, in grado  di rispondere alle esigenze della neo-spiritualità  che vede  in lui il Dio in terra, il Cristo Cosmico capace di operare prodigi. Non a caso la New Age fa di lui un punto di luce e un canale privilegiato di contatto con il divino.

Sai Baba propone agli adepti i Baijan,  inni  ai vari dei dell’India, la meditazione yoga con un mantra speciale “so ham“. La ripetizione porta all’identificazione con il dio supremo.

Gli errori dottrinali in Sai Baba sono vistosi: egli pretende di far coincidere la Trinità con la Trimurti indiana: il Padre sarebbe Brama, il Figlio sarebbe Vishnù e lo Spirito Santo sarebbe Shiva.

Il Cristo sarebbe una dei tanti avatar divini, una delle tante incarnazioni, di cui lui, Sai Baba è la maggiore.

Il simbolo di Sai Baba è il sincretismo più spinto: egli chiama Dio una realtà immanente, un’energia cosmica che può prendere i nomi di Allah, Yavèh, Mazda, Brama.

Malgrado sia fortemente sincretico, Sai Baba non dice che tutte le religione sono uguali: per ottenere la salvezza bisogna seguire solo la sua persona e i suoi insegnamenti. Alcuni razionalisti indiani, come il medico Premananda,  hanno contestato presunti  miracoli di Sai Baba, che sono stati esaminati dal C.I.C.A.P., il Comitato Italiano di Controllo per le Affermazioni sul Paranormale.

Cecilia Gatto Trocchi



 

Docente di Antropologia Culturale presso l'Università di Chieti e professore presso l'Università "La Sapienza" di Roma, Cecilia Gatto Trocchi ha compiuto ricerche sul campo in Siria, Turchia, Marocco, Sudan, America Latina, India, analizzando le religioni, le mitologie e i rituali. Ha analizzato dal vivo con il metodo dell'osservazione partecipante vari gruppi magico-religiosi. Dirige l'Osservatorio dei Fenomeni magico-simbolici presso la Cattedra di Antropologia Culturale dell'Università di Chieti. E' socio fondatore della "Società Italiana per lo Studio di Psicopatologia e Religione". E' consulente scientifica della Rivista di Psichiatria Psicosomatica delle differenze "Psiche Donna". Ha pubblicato vari saggi tra cui: Viaggio nella magia (Laterza, 1997), Nomadi spirituali (Mondadori, 1998), Le Muse in azione (Franco Angeli, 2001), Storia esoterica d'Italia (Piemme, 2001).