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L'impoverimento personale nell'adorazione dei guru - Parte 2

Esemplificato dal culto di Sathya Sai Baba


Parte seconda - la fuga sotto forma di spiritualità


Quasi tutti i devoti credono di essere eccezionalmente privilegiati se paragonati alle altre persone (cioè coloro che sono "al di fuori della famiglia Sai") e sono incoraggiati a credere che essi non saranno più toccati da eventi cattivi o dalla malattia. Teoricamente essi sono sotto una speciale cura e protezione. Tutto ciò che accade, secondo Sathya Sai Baba, deve essere considerato come "maya" (cioè l'illusione del mondo profano "irreale"), così essi dovrebbero imparare a vedere tutti gli avvenimenti - buoni o cattivi - come se fossero solo un'illusione, un frammento fuggevole. Dal momento che essi pensano che Sai Baba sia Dio e quindi creatore di maya, essi si fidano della sua affermazione che nessun suo devoto subirà mai del male. Ci sono però innumerevoli esempi documentati del fallimento di Sathya Sai Baba nel proteggere o aiutare coloro che affrontano gravi problemi che vanno dalla malattia al licenziamento, alla disperazione, alla morte... faccende che coloro che sono nel movimento Sai nascondono, tengono rigorosamente segrete e sperano di dimenticare. Hanno una serie di risposte prestabilite per ogni tipo di situazione... per esempio: "...lei non era una vera devota...", "...è stato il loro cattivo karma...", "...era un uomo cattivo...", "...Swami sta mettendo alla prova la loro fede...", "...Swami lo ha liberato dalle catene della vita..." ed altre simili negazioni di tristi avvenimenti.

Questa fiducia nella protezione è pura vigliaccheria ed è molto limitante per ogni ulteriore sviluppo psico-sociale e personale. L'incapacità di affrontare i fatti per quello che sono - ma dovendo trasformarli tramite una immatura fantasia - è una nota causa per l'arresto dello sviluppo psicologico. Questa stagnazione può verificarsi in qualunque fase della vita, non è limitata ai primi anni. I risultati di questo possono essere osservati negli ashrams, come quelli di Sai Baba, che sono ampiamente popolati da persone le cui vite si sono concentrate sulla propria persona e su quella di Sathya Sai Baba (spesso escludendo un sano interesse in qualunque altra cosa), restringendo di conseguenza le percezioni e annullando la mente dal punto di vista sociale, mentale ed emozionale. Questo corrisponde alla nota fuga spirituale, così comune in molte religioni orientali. I danni mentali ed emotivi o fisici che ne derivano si possono trovare dappertutto nelle strade dell'India e si ritrovano in connessione con tutte le comunità Sai. Le ho visitate ed ho raccolto informazioni a questo proposito. Comunque non c'è bisogno di vivere all'interno dell'ashram per essere tagliati fuori da sentimenti ed interessi.

La maggior parte delle persone arrivano da Sai Baba a causa di problemi personali che non riescono a risolvere diversamente. La novità di trovare una nuova ragione di vita, un rifugio, "una casa spirituale", e ciò che si crede sempre più sia un maestro divino con tutti i poteri e la grazia concepibile, può essere sostenuto per anni e svanisce solo gradualmente. Io stesso ho sperimentato tutto questo. Ma quando le esigenze della vita di tutti i giorni cominciano a riaffermarsi nella vita di un devoto - cosa che succede sicuramente dopo che essi hanno preso la residenza permanente nell'ashram - un processo di crescente auto-indottrinamento e negazione è necessario per affrontare i problemi incontrati. I detriti di conflitti interni si ammucchiano: tutti gli ashram sono costantemente tormentati da problemi di rivalità e invidia (per la maggior parte nascosti e negati all'esterno per salvare le apparenze). Le difficoltà personali e sociali interpretate in termini della nuova dottrina non vengono risolte e gli insegnamenti invariabilmente negano che esse siano di qualche importanza tranne che come materiale per auto-esame critico. Soprattutto, forse, l'iniziato deve affrontare l'immensa confusione di problemi che la dottrina crea nel mantenere una netta scissione tra "la realtà dell'altro mondo" e la cosiddetta "mondanità"...o usando le parole di Eliade "tra sacro e profano".

Questa dottrina dualistica - ed il male che da essa deriva - è ulteriormente analizzata in un mio articolo "Il doppio pensiero spirituale". Questo si evolve facilmente in una sindrome di negazione della vita, spingendo le persone a proiettare la maggior parte o tutti i valori in una realtà non vista e trascendentale, una specie di terra che di solito si pensa sia ottenuta nell'aldilà (se si è fortunati). Benché il suicidio sia considerato come codardia nella dottrina, Sai Baba ha spesso tentato molti devoti a provarci, spesso riuscendo... poiché sembra offrire sollievo da questo mondo nel paradiso libero da problemi di Sai Baba (naturalmente nessuno sa bene come sia). I nostri interessi umani sul "qui e adesso" vengono sistematicamente catalogati come relativi, non essenziali e in qualche modo incompatibili con la "vita spirituale". La maggiore enfasi non riguarda le preoccupazioni quotidiane o la spiritualità attiva nella vita di tutti i giorni, né l'auto-realizzazione tramite "attività esterne" ma il rapporto con quella "realtà" trascendente virtualmente sconosciuta che è il regno del Divino e di Dio. Ogni sospetto che insorge su Sai Baba, i suoi associati e i suoi insegnamenti, dovuto alle ripetute intrusioni di fatti ed eventi spiacevoli, deve essere soppresso e "razionalizzato"... a meno che l'indottrinamento non abbia già reso la persona totalmente incapace di ragionare normalmente e di valutare secondo buon senso.

Quando l'Oriente è ancora l'Oriente e l'Occidente è ancora l'Occidente. L'abbandono della "spiritualità mondana" si vede chiaramente in India, dove tradizionalmente la spiritualità dell'aldilà è predominante nella religione indigena. Grande enfasi viene posta sulla transitorietà del mondo e quindi sulla sua "natura irreale". I tentativi umani di capire la natura e la vita, per esempio attraverso le scienze, vengono pessimisticamente considerati irrilevanti per la vita spirituale. Molto più delle religioni occidentali come il Giudaismo e le principali sette della Cristianità, le religioni indiane tendono ad ignorare i problemi della vita e a produrre società di tipo tradizionalmente statico, repressivo o dispotico, strettamente gerarchico. Vale la pena di notare come le persone che diventano devote di Sai Baba comincino subito a mostrare la facile accettazione delle pratiche autoritarie, delle idee non democratiche e di superstizioni sociali tramandate che infestano eccessivamente i paesi come l'India (come, per esempio, a che ora cominciare un viaggio, o cominciare un'impresa, il colore di quali cibi preferire e quali evitare, quali pietre preziose indossare per proteggersi dal male, quali rituali placano gli spiriti dei defunti e molte altre sciocchezze raccomandate e praticate anche da Sai Baba). Essi vivono come occidentali privilegiati nel mezzo di una delle società maggiormente colpite dalle calamità ma proiettati al di là di ciò che la maggior parte degli indiani sogna per se stessi, ma comunque convinti di compiere sacrifici spirituali che assicureranno loro la grazia, per esempio abbandonare alcuni dei lussi a cui erano abituati. Senza dubbio alcune persone traggono benefici per un periodo più o meno lungo dal cambiamento di vita causato dall'unirsi al movimento, compresi gli occidentali. Possono anche esserci dei benefici permanenti... non ultimo l'apprendere delle buone cose da una cultura straniera. Senza dubbio ci sono molte brave persone che fanno un buon lavoro, o che almeno tentano di farlo. Ed il merito di tutto deve essere dato esclusivamente a Sai Baba... mentre il resto deve essere considerato come un fallimento personale, all'essere un peccatore, ecc. Aggiungiamo a questo che Sai Baba agisce sempre di più in senso contrario alle sue costanti ammonizioni e consigli ed è lui stesso sotto il gravissimo sospetto di crimini che fino ad ora non sono stati risolti. La sua dichiarazione "La mia vita è il mio messaggio" è quindi messa in discussione e dimostra di basarsi sull'inganno e le bugie. Il messaggio dovrebbe piuttosto essere che "la tua vita è tua e devi viverla autonomamente". Questo ideale esprime fede nella gente ed incoraggia a liberarsi dai legami psicologici e superstiziosi con il passato primitivo dell'umanità.

Serguei Badaev ha evidenziato i seguenti punti interessanti relativamente al problema della devozione al guru: "La gente che ha disperatamente bisogno di essere sotto una guida protettiva è pronta ad abbandonare il proprio pensiero critico e la propria autonomia morale per guadagnare la pace interiore. Mi sembra che sia un meccanismo psicologico simile a quello delle droghe chimiche. La ragione per cui la gente diventa tossicodipendente è molto simile a quella che porta a diventare guru-dipendente.
Azzarderei una ipotesi a proposito di una di queste ragioni. Il nostro impulso interiore ci spinge verso la felicità. Il pensiero critico spesso interrompe questo impulso poiché la realizzazione può avere conseguenze negative distanti. In altre parole, il pensiero critico spesso ci impedisce di essere felici in una prospettiva a breve termine (ma aumenta la probabilità di essere felice a lungo termine). Ahimè! Spesso vogliamo essere felici proprio ora, non nel futuro! Se questo desiderio è troppo forte, qualcuno potrebbe scegliere di essere felice ora, non importa quali sono le conseguenze. Quindi la questione chiave è: "perché e quando questa ricerca della felicità diventa troppo forte"? Generalmente credo (e posso essere banale) che se i bambini hanno abbastanza amore e protezione dai loro genitori ed altri adulti autorevoli nell'infanzia, quando crescono sono abbastanza forti da non abbandonare il pensiero critico a causa di qualche amara verità.
Non posso fare a meno di menzionare qui un punto importante: l'amore e la protezione dei genitori non dovrebbero imprigionare un bambino ma renderlo più forte. Questo vuol dire che amore e protezione devono lasciare che il bambino maturi  e diventi abbastanza indipendente da diventare una persona responsabile dal punto di vista morale. Quindi cercherei le radici della dipendenza da guru nelle famiglie povere e nell'educazione
".