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Peter Gussev, un devoto russo che ha vissuto a Puttaparthi

di Serguei Badaev

Sito web: http://www.saiguru.net/english/

Data del documento: 16 febbraio 2004

Data: 2 marzo 2004

 

Peter Gussev era un devoto russo di Sathya Sai Baba. Era un giocatore di football alto e forte ed era tra le prime persone ad aver sentito parlare di Sai Baba in Russia. Penso che fosse la fine degli anni ’80 e in Russia c’era la "perestroika". Peter aveva circa 20 anni e riusciva a guadagnare un bel po' con i suoi affari. Dopo di che, egli lasciò la Russia, comprò un appartamento in un nuovo condominio a Puttaparthi e andò a vivere in India. Per quanto ne so, laggiù egli non lavorava, faceva solo sadhana, in altre parole andava al darshan, meditava, cantava  bhajans e seguiva Sai Baba durante i suoi viaggi a Whitefield, vicino a Bangalore o Kodaikanal, la residenza estiva di Sai Baba a Tamil Nadu. 

Lo vidi per la prima volta a Prashanthi Nilayam nel 1995. Il suo appartamento non era completamente arredato, eppure molti devoti russi andavano a fargli visita e, immagino, molti sognavano di vivere vicino a Swami nei loro appartamenti a Puttaparthi. Peter sembrava e si comportava come un sadhaka esperto: serenità, sorriso distaccato, concentrazione interiore. Mi era stato detto che egli praticava periodi di completo silenzio di tanto in tanto. Quell’anno ebbi la mia prima udienza di gruppo con Sai Baba. E Peter era nel nostro gruppo. Durante l’intervista egli era vicino a Baba. Qualcuno mi disse che Sai Baba voleva che egli tornasse in Russia ma Peter rifiutava. Lui non mi raccontò mai di questo personalmente.

La sua vita ebbe una svolta drammatica nel 1998. Era luglio, la festa del Gurupurnima. Ero a Prashanthi con tutta la mia famiglia. Poiché ero un funzionario dell'organizzazione Sai in Russia, alcune persone vennero ad informarmi che c’era qualcosa che non andava con Peter. Prima di tutto mi dissero che Peter era stato visto completamente nudo in una strada di Puttaparthi, alcuni giorni prima. Nessuno poteva spiegare questo ed io sapevo che ormai Peter aveva praticamente interrotto ogni contatto con gli altri devoti russi che vivevano permanentemente nell’ashram. Molti raccontavano che Peter era cambiato molto, non era più gentile e sereno come prima, era talvolta irritato o addirittura arrabbiato con la gente. Per essere onesto, non volevo essere coinvolto in questo caso, non lo conoscevo bene ed egli non era neanche un membro dell’organizzazione. Ma in seguito alcuni russi che vivevano accanto a lui nello stesso condominio mi dissero che Peter non era uscito dalla sua stanza per parecchi giorni. Qualcuno aveva una chiave, così riuscimmo ad entrare nella sua stanza. Giaceva sotto una zanzariera come se fosse addormentato. Controllammo i medicinali nella sua stanza per essere sicuri che non avesse preso sonniferi o altro. Alcuni credevano che fosse in profonda meditazione, altri sospettavano qualche malattia. In ogni caso Peter non mostrava segni di coscienza e il respiro era molto debole. Quando scoprimmo che non aveva assunto né cibo né acqua per molto tempo, decidemmo di trasportarlo al General Hospital di Puttaparthi. La perdita di liquidi può essere molto pericolosa nei climi caldi.

Fummo fortunati perchè Ravi Shankar Polisetti lavorava nell’ospedale all’epoca. Ravi era indiano (probabilmente di Madras), aveva studiato medicina in Bielorussia ed era stato uno dei fondatori del movimento Sai laggiù. Dopo aver finito gli studi era tornato in India ed era diventato medico presso il General Hospital. Molti di noi lo conoscevano personalmente. Ravi fece tutte le analisi, inclusa un'iniezione nella spina dorsale per assicurarsi che non ci fossero malattie. Per tutta la notte i devoti russi si alternarono per vegliarlo. Al mattino, coloro che erano venuti a dare il cambio udirono la strana storia che al mattino Peter aveva improvvisamente ripreso conoscenza, era molto arrabbiato con Ravi e con altre persone, gridò contro di loro, prese i suoi vestiti e uscì per recarsi al suo appartamento. I testimoni dissero che egli era stato capace di descrivere quello che era stato fatto al suo corpo e questo significava che la sua consapevolezza in qualche modo era stata sempre presente.

T. Meyer, leader dell'organizzazione e coordinatore di quest'ultima per l’ex Unione Sovietica venne a conoscenza della situazione. Volle che Swami conoscesse l'accaduto. Il problema era anche che la carta di credito di Peter era scaduta e questo poteva avere conseguenze molto gravi. T. Meyer mi portò addirittura alla locale stazione di polizia per chiedere loro di aiutarci. Ma dopo pochi giorni Peter fu trovato di nuovo nella sua stanza sotto la zanzariera e senza alcun segno di coscienza. Allora T. Meyer mi disse di portare Peter a Bangalore all’ospedale neuropsichiatrico Nimhan. Prendemmo un taxi, caricammo il corpo di Peter e andammo a Bangalore al mattino presto. All’ospedale acconsentirono a ricoverarlo se qualcuno si fosse preso cura di lui come infermiere, così rimasi tutta la notte vicino al suo letto, seduto su uno sgabello e spiegando ai dottori il caso e sbrigando alcune semplici procedure. Furono fatte di nuovo delle analisi, compresa una puntura spinale. Poi verso mezzanotte fu fatta anche una tomografia. Non si trovò alcuna malattia. Verso mezzanotte cominciò pian piano a riprendere coscienza. Ebbe delle convulsioni ed il pensiero era affannoso. Quando mi vide mi riconobbe immediatamente e cominciò a chiedere quando saremmo andati a casa. Al mattino uno psichiatra ebbe una breve chiacchierata con lui e infine scrissero un referto secondo il quale non era stata trovata alcuna malattia organica o psichiatrica. Chiamai un taxi e tornammo a Puttaparthi.

Mentre tornavamo a casa Peter era del tutto normale, mi chiese anche che reazione aveva la gente nei confronti dell’accaduto. Era chiaro che non voleva che la gente lo interrompesse. Gli dissi che doveva informare gli altri di ciò che stava accadendo. Egli sogghignò. 

Subito dopo, alla fine di luglio, la nostra famiglia lasciò Puttaparthi. La situazione di Peter era incerta. Alcune persone credevano che si dovessero chiamare i suoi parenti, altri credevano che ormai tutto fosse a posto, che la crisi fosse finita. Una volta a Mosca apprendemmo che il 17 agosto 1998 Peter Gussev si era suicidato nel suo appartamento. Più tardi ci fu detto che una notte qualcuno lo aveva sentito gridare: "Swami! Swami!" nel suo appartamento.

Il suo corpo fu cremato sulla riva del fiume Chitravati prima che suo cugino potesse arrivare dalla Russia. Molte volte alcuni russi tentarono di chiedere di Peter a Sai Baba ma egli rispondeva "Silenzio! Silenzio!" oppure "Lo so, lo so!". In questo, come in altri esempi, si vede come Sai Baba ed i suoi funzionari non mostrino altro interesse o preoccupazione se non che le disgrazie vengano tenute nascoste il più possibile per proteggere il nome di Sathya Sai Baba.